LA SIGNORA AMALIA

da googl imm.

Andammo a villeggiare per due anni di seguito a R… e lì conobbi la signora Amalia.

Abitavamo nell’appartamento adiacente alla sua villa, per cui per tutto il periodo che vi soggiornammo, divenne abituale vedersi tutti i giorni.

Era, la signora Amalia, una donna sulla sessantina: di media statura, bruna, non grassa, distinta, sempre in ordine e maniaca dell’igiene.

Non scendeva mai in spiaggia pur avendola a pochi passi; bastava, infatti, attraversare la pineta e si era sul mare.

Sempre affaccendata tra lavare pulire cucinare stirare, tempo per lo svago gliene rimaneva ben poco e quando qualcuno le chiedeva perché non scendesse in spiaggia, rispondeva:” sono vecchia ormai, che ci vado a fare?

Di tanto in tanto si lamentava col marito e con i figli per il disordine che creavano in casa ed erano quelle le uniche volte che s’adirava e solo in quei casi la sentivi strillare.Il marito la sopportava a malapena e spesso quando lei continuava a borbottare se ne usciva imprecando.

Nemmeno dai figli (tre maschi adulti) era tenuta molto in considerazione. Le rimproveravano la sua pignoleria e le lagnanze, secondo loro, per ogni minima sciocchezza.

Per gli estranei la signora Amalia aveva sempre un sorriso ed era sempre disponibile.

Stava comunque quasi sempre da sola.

Nel pomeriggio si preparava con accuratezza e semplicemente si sdraiava sotto la veranda in attesa che qualcuno andasse a trovarla per scambiare quattro chiacchiere. Raramente era in compagnia, più spesso la sentivi conversare con un merlo che teneva vicino, chiuso in una magnifica gabbia.

Trovai strano, all’inizio, questo suo modo di essere e volentieri la evitavo, anche perché mi ero accorta che, quando attaccava bottone, era dura a staccarsi.

Un pomeriggio mi vide da sola e m’invitò a salire. Non mi sarei mai aspettato da lei tanta benevolenza e cordialità. Mi sommerse di parole gentili ed entusiaste, mi fece visitare la sua casa e dopo rimanemmo in veranda a chiacchierare e così semplicemente mi parlò del suo essere donna e madre, scoprendo la sua indole. Così senza volerlo ne raccolsi le confidenze. Si rivelò una donna profondamente sola, frustrata e infelice, tanto infelice…

Mi confidò di sentirsi schiava della casa, del marito e dei figli che, lei stessa ammise, per troppo amore aveva viziato.

Tanti erano i torti subiti dal marito che la considerava solo moglie e madre, incapace di avere altre aspirazioni. In famiglia non aveva voce e per qualsiasi cosa, anche la più insignificante, in particolare dal punto di  vista economico, doveva chiedere permesso al marito e questo la umiliava tanto.

“ Sai – mi confidò – mi sarebbe piaciuto continuare gli studi…amavo tanto la scuola…” ma, purtroppo, le era stato precluso a causa della sua avvenenza fisica.

Mi svelò, quasi vergognandosi, – “da ragazza ero molto bella, sono sviluppata precocemente ed i miei genitori hanno ritenuto un pericolo per me la scuola e così dopo la  quinta elementare, nonostante le mie insistenze, mi ritirarono”.

La guardai…ero davvero senza parole.

– Non guardarmi ora – sorrise –  all’epoca  ero così bella da stare bene anche con addosso un lenzuolo!

La rassicurai che anche adesso era una bellissima donna… Lei storse le labbra, si alzò e difilata rientrò, uscendo poco dopo con una foto in mano.

– Guarda!  Ero così quando mi sono sposata. Avevo solo quindici anni in questa foto.

Era veramente bella, rispecchiava la bellezza mediterranea del periodo e dimostrava molto più dei suoi quindici anni.

Proprio a causa di questa sua prosperosa bellezza, era stata costretta a sposarsi così giovane, addirittura una bambina! La guardavo commossa.

– I miei ritennero che il matrimonio mi avrebbe evitato rischi e quando mio marito si presentò a chiedere la mia mano, ritenendolo un buon partito, nonostante l’enorme differenza di età, ben vent’anni, acconsentirono. Ci sposammo solo dopo quattro mesi.

Ricordò con tristezza il giorno del suo matrimonio – non volevo andare in chiesa… piansi tutta la notte, ma non riuscii a ribellarmi e, a malincuore, mi sposai.

– Dovrebbe essere il giorno più bello per una ragazza…per me diventò un inferno, anche perché nulla sapevo della vita matrimoniale!

Lacrime le scorrevano sul viso e le piovevano in grembo.

Ero davvero imbarazzata,  la guardavo senza riuscire a spiccicare parola. Le presi la mano…

Continuò a svelarsi raccontandomi i primi tempi terribili del suo matrimonio sempre con le lacrime agli occhi – col trascorrere del tempo mi affezionai a mio marito. – Tacque – Quando non ne hai conosciuto altri….- In seguito l’arrivo dei figli, i vari problemi familiari l’avevano tenuta occupata e la vita era trascorsa così, quasi senza che se ne accorgesse.

Amava le cose belle, i viaggi, le feste, ma tutto ciò le era stato precluso perché donna e madre. L’unico svago era stato e continuava ad essere la messa la domenica e di tanto in tanto il parrucchiere e, mentre silenziose le lacrime continuavano a rigarle il volto:- figlia mia – sussurrò con un filo di voce –  è un inferno vivere in casa con tre maschi e tacere sempre per evitare i loro momenti di collera e cercare di accontentarli e assecondarli in tutto per prevenire le loro sfuriate e poterle  evitare. E’ una situazione che mi crea enorme sofferenza, anche se ora mi sono rassegnata e riesco a sopportare tutto e tutti in silenzio. A volte, però, quando non ne posso più urlo…urlo tutta la mia rabbia, l’insofferenza per questo vivere; sono solo attimi che mi servono come sfogo e che non toccano nessuno dei miei, tranne forse voi che siete giù e purtroppo mi sentite. Vi prego di scusarmi…

– Non devi scusarti…- l’abbracciai.

Capivo ora la sua tristezza, le  tante manie, lo sdegno verso i suoi. Mi spiaceva averla a volte giudicata; mi rendevo conto che vivere in quel modo doveva essere stato ed essere davvero un inferno.

Un moto di ribellione affiorò in me contro questo maschilismo gretto, stupido e incongruente cui la donna, ancora oggi, specialmente in alcune realtà, è costretta a sopportare. Provai enorme sdegno verso suo marito e i suoi figli e una profonda e sincera simpatia per lei.

Da quel giorno, ogni volta che la scorgevo sul balcone, la salutavo e di tanto in tanto andai a trovarla intrattenendomi insieme ai miei bambini che amavano giocare col merlo.

La esortai a scendere in spiaggia, ma lei rifiutava sempre perché disse ormai si era disabituata: – quando avevo i bambini andavo sempre, ora mi sembra inutile…

Un mattino la vidi comparire. Sorridente, mi fece un cenno di saluto;   un’immensa gioia m’invase rispondendo al saluto. Ritornò in spiaggia anche il giorno seguente e poi  altri ancora.

Un pomeriggio mi chiamò: -venite, ho preparato un dolce.

– Grazie.. – mi disse sommessamente abbracciandomi appena entrammo.

L’abbracciai stretta stretta, ero felice e certa d’essere riuscita per un momento a riportare un attimo di serenità nella sua vita. MGP

 

 

Pubblicato da Maria Grazia Presicce

Maria grazia Presicce vive a Lecce. Artista e autrice di libri di Narrativa per l’infanzia adottati nelle scuole. Scrive su diversi quotidiani e riviste locali. Si occupa di tradizione e ricerca sul territorio. E’ socia della Fondazione Terra D’Otranto che si occupa di Cultura Arte e Tradizioni in terra d’Otranto e nel Salento. ( www.Fondazioneterradotranto.it) Ha pubblicato una ricerca svolta all’interno dell’IBAM ( Istituto per i beni archeologici e monumentali) di Lecce del CNR (Consiglio Nazionale delle ricerche ) : “ L’arte della tessitura Nel Salento l’industria tessile casalinga tra memoria, conservazione e valorizzazione ” di Antonio Monte e Maria Grazia Presicce, CRACE edizioni. Ultima pubblicazione " CCE SSI MANGIA CRAI A DONNAMENGA" EDITRICE MILELLA, LECCE. Il racconto è ambientato a Donna Menga una masseria fortificata dell’Arneo importante territorio salentino dal punto di vista ambientale e luogo di vita contadina ricca di esperienze e valori sociali del ‘900.

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