I PROVERBI POPOLARI

Fondazione terra d’Otranto

Pubblicato il 06/02/2013 da Marcello Gaballo1 Comment

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di Maria Grazia Presicce

Il proverbio risulta essere l’allegoria più antica usata dall’uomo per trasmettere e diffondere un insegnamento. Facendo riferimento alla sua longevità, mi piace citare un brano di Padre Carl’Ambrogio Cattaneo[2]:

[…] Il proverbio è un detto breve, arguto, popolare e antico, che dice poco, e spiega affai; overo accenna una cofa e di rifleffo, ne intende un’altra! […] Con la sua brevità fi accompagna l’arguzia; perché d’ordinarioil proverbio, è vibrato con qualche bella figura o metafora. Per cagion d’esempio, Prendere l’occasione a tempo; dice il proverbio Prendere la palla al balzo.[…] Il proverbio è un detto popolare e antico; cioè a dire che va da gran tempo per le bocche del popolo, e fi ufa ne’ disforfi familiari, ne’ conviti, ne’ congreffi, nelle lettere; e quanto più è ufato, è anche più autorevole, è […][3]

Nei proverbi sono racchiuse gocce di saggezza sintetizzate che fanno parte della tradizione di ogni popolo ed il loro contenuto è quasi sempre sintesi di un’esperienza vissuta, di fatti realmente accaduti di cui l’uomo ne faceva tesoro trasformandoli in proverbi, a cui ricorreva ogni qualvolta lo stesso avvenimento, in positivo o in negativo, si presentava. Il suo concetto racchiude l’essenza di un discorso e, questa sua brevità, fa sì che lo si ricordi con facilità e al momento opportuno lo si utilizzi.

Nel proverbio, in genere, c’è un monito a migliorarsi ed a migliorare la comunità di cui si fa parte, ed incita a far tesoro degli insegnamenti del passato per migliorare il presente ed il futuro.

L’articolo del Dottor Cosimo De Giorgi[4], recuperato da “ Il cittadino Leccese”, tratta proprio di questo argomento riferito alle abitudini dell’ alimentarsi in modo corretto. L’autore affronta l’argomento ricorrendo al proverbio, per far sì che il lettore, incuriosito, legga l’articolo e qualcosa gli rimanga come lezione, memorizzando, appunto, il proverbio!

IL CITTADINO LECCESE, Anno VIII, n.46, Lecce 28 Giugno 1869

CONVERSAZIONI IGIENICHE

 I nostri proverbi

 I

Una gita in ferrovia – Il popolo maestro – Due proverbi igienici sul mangiare – Il panorama della Cupa – Sancesario – Due nostri proverbi popolari.

E l’altro giorno m’incontrai con un tale, una vecchia conoscenza che movea alla volta di Maglie sdraiato sul divano d’un vagone, e uggito del luogo aspettare in quell’ardente fornace ch’è un treno da ferrovia esposto ai raggi solari, soprattutto in questa stagione, in questi paesi e nelle ore del pomeriggio. Era lì che leggiucchiava di mala voglia un giornalaccio politico che mi parve gli producesse l’effetto d’una ricca decozione di papavero o di camomilla. Vecchie novità le cento volte ripetute e rimesse a nuovo, come un pezzo di abete tinto a noce e ritinto a mogano; vero camaleonte sotto la penna del sciente periodicista. Eppoi, articoloni poggiati sul si dice; color equivoco né rosso, né giallo, né nero: certe corrispondenze effimere sul tipo di quelle larve d’insetti nate al mattino e il vespero già vecchie; invidiuzze reciproche, ira di campanile; una colonna per la revalente[5] miracolosa, un’altra pel mirabile Elisire; poi inserzioni, Rob[6], paste angeliche….e mille altre corbellerie di questo conio: la forma, come in genere quella degli altri suoi confratelli, molto negletta, tirata alla purchessia, ma sempre poco italiana. E la mia vecchia conoscenza se lo digeriva di mal genio pur di ammazzare quei pochi minuti prima della partenza del convoglio. Al vedermi trasalì d’un tratto, e dopo un buffo d’impazienza pel calore che lo aveva arrostito per un bel pezzo, mi venne incontro e mi disse:” oh, sei tu qui? E per dove?” – Per Corigliano, gli soggiunsi io –“ Bravo, bravo, ed io per Maglie; faremo un tratto insieme” e poi data un’occhiata all’oriuolo, un’altra al giornale che avea fra mano ed associante nel suo cervello chi sa quali idee, proseguì con queste precise parole – “ Dimmi un po’, Dottore, ci regalerai qualche altro articolo igienico, nel numero venturo del Cittadino?” – “ Oh, sì; tutt’altro che regali gli aggiunsi io, fo a fidanza con chi legge le mie povere cose, e se dovessi dar retta a quel che dicono oh, t’assicuro che la sarebbe ita a monte da un pezzo in qua – “ Senti dunque, proseguì l’interlocutore atteggiandosi a far or da Mentore; fin qui conversando igienicamente hai parlato tu solo; ma se tu ti poni ad illustrare qualcuno dei nostri proverbi popolari farai un viaggio e due servizii; vedrai come i principii d’igiene son radicati in quei detti che altri chiamano la sapienza del popolo; ed altri la più utile cosa dopo il Libro dei Libri[7]; e fornirai un alimento tanto più nutritivo quanto più assimilabile ed omogeneo alla nostra natura”

Questi due ultimi epiteti sonori, pieni di concetti, magniloquenti mi lasciarono pensoso per un momento…ma il fischio stridente della locomotiva venne in tempo a farmi riprendere il giro delle idee –

“ Sì, sì, mio buon amico, gli soggiunsi io, lo farò”

E rimasi contentone come colui che scoperchiando una tomba dell’antica Rugge[8], trova accanto a quei lunghi stinchi una bell’anfora riccamente istoriata, della quale a prima giunta non apprezza né il merito, né il valore. E andai ruminando fra me e me sulla scelta di fare fra i tanti che ne avevo sentiti nella città e nei vicini paesi.

“ I nostri vecchi, gli soggiunsi poi, che osservavano pur molto, e forse più di certi scrittori moderni, avean riconosciuto che gran parte delle malattie e proviene dall’abuso dei cibi per qualità e quantità; e che il tenere a moderata dieta lo stomaco e le intestina è una gran salvaguardia contro di esse. E con una frase enfatica dissero forse per celia – Omne malum ab Aquilone – tuttochè è di male in noi vien di tramontana. Ma essi accennavan ad un altro soffio di Borea ch’è più potente a darci addosso a farci andar giù; a quello che un grande americano traducea col dire: Ne ammazza più la gola che il cannone. E mi pare che sia un’idea così vasta ed universale, che la trovi nelle tradizioniproverbiali di tutti i popoli, con poche varianti da quelli Anglosassoni che sono i più concettosi, agli aforismi suonanti della scuola salernitana. I moderni ànno fatto un passo innanzi, e prendendo la cosa dal suo vero scopo ci hanno lasciato due precetti, che da soli valgono un intero volume d’Igiene – Si deve mangiar per vivere dice il primo, e non vivere per mangiare – ed il secondo soggiunge quasi ad esplicarne il concetto – si vive di quel che si digerisce non di quel che si mangia

Per me sta che questi due detti dovrebbero essere impressi su tutte le porte delle nostre cucine e dei nostri salottini da pranzo; e son diretti più che altro a coloro che danno tutto alle blandizie del gusto senza capire quel che avviene automaticamente nello stomaco, e sia buono e sia cattivo quel che s’ingerisce – E il breve gusto d’un momento si sconta a furia di coliche, di dolori, di evacuanti…. Eppoi ci si viene a cantar su tutti i versi quell’adagio: chi ai medici si dà a se si toglie.Ed il seguace di Ippocrate risponde alla sua volta che: di rado il Medico prende medicina…….

E proseguiva su questo tono mentre il vago panorama dei nostri paeselli della Cupa[9]

piccola conca che declina a valle della duna che la circonda mi si dispiegava dinnanzi fra il denso degli ulivi e i verdi cepparelli delle viti. E quella vista mi sorprese e mi distrasse, come sempre la vista degli oggetti naturali o artistici vagamente aggruppati hanno fatto sull’animo mio; e mi sentì ricreato in quel ridente declivio dei nostri piccoli colli rivestiti di vegetazione rigogliosa e di ville e di cascine, contornati verso l’estremo orizzonte dà vaghi paeselli disposti a mò di grande anfiteatro. E l’amico guardava pure, ma con occhio melanconico, il tristo spettacolo degli ulivi mezzo bruciacchiati dalle nevi del Gennajo, sterili senza frutto, con poche foglie anch’esse stecchite e ripiegate – “San Cesario!” gridò il conduttore del treno già fermo alla prima stazione; e due altre voci ripeterono nello stesso modo: nessuno si mosse; echeggiò la prima squilla, indi le trombe, il sibilo importuno, e via!

“Oh tornando a noi, soggiunse l’amico che fin qui era stato zitto come olio, ce n’è uno fra i nostri proverbi gastronomici, che sarebbe men bello se non potesse applicarsi nel senso opposto a quello d’uso volgare. Si suol dire fra noi MARA ADDHA ENTRE CI AE TRISTU PATRUNU ( Guai a quel ventre che ha un padrone che non sa tenerlo a modo).

Qui, è vero, lo intendeva per coloro che o per mal volontà o per necessità soglion tenere a stecchetto il loro stomaco, né sanno porgerli un alimento più succoso e più gradito: io invece lo tradurrei col dire: guai a chi non sa tenerlo a bada, ed ora allenta la briglia  e la salute la va giù a scavezzacollo, ora la tira e la tira la corda finchè si strappa.” –

“ Tra le due, gli soggiunsi io, la prima è la più frequente, e l’esser cattivo padrone produce dei cattivi servi e dei pessimi servizii. Di qui l’adagio d’uso toscano: poco vive chi troppo sparecchia! Ed ero per seguire su quel verso ma: il treno rallentò d’un tratto la sua corsa per la stazione vicina. –

“ Senti, mi disse l’amico, vo’ dirtene ora un altro che forse ti parrà in contraddizione col primo ma racchiude un gran bel consiglio – MANGIA PE’ QUANTU AI E NU DICERE PE’ QUANTU SAI –E come se fosse stato il freno d’una potente locomotiva, mi spezzò la parola in bocca e mi tacqui.

Dottor Cosimo De Giorgi

Pubblicato da Maria Grazia Presicce

Maria grazia Presicce vive a Lecce. Artista e autrice di libri di Narrativa per l’infanzia adottati nelle scuole. Scrive su diversi quotidiani e riviste locali. Si occupa di tradizione e ricerca sul territorio. E’ socia della Fondazione Terra D’Otranto che si occupa di Cultura Arte e Tradizioni in terra d’Otranto e nel Salento. ( www.Fondazioneterradotranto.it) Ha pubblicato una ricerca svolta all’interno dell’IBAM ( Istituto per i beni archeologici e monumentali) di Lecce del CNR (Consiglio Nazionale delle ricerche ) : “ L’arte della tessitura Nel Salento l’industria tessile casalinga tra memoria, conservazione e valorizzazione ” di Antonio Monte e Maria Grazia Presicce, CRACE edizioni. Ultima pubblicazione " CCE SSI MANGIA CRAI A DONNAMENGA" EDITRICE MILELLA, LECCE. Il racconto è ambientato a Donna Menga una masseria fortificata dell’Arneo importante territorio salentino dal punto di vista ambientale e luogo di vita contadina ricca di esperienze e valori sociali del ‘900.

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